Il motivo di omesso esame di un fatto decisivo non può essere utilizzato per indurre la Cassazione a svolgere un’ulteriore valutazione di merito. Ciò vale anche per le c.d. “frodi carosello”

16 Giugno 2022

Abstract

Con l’ordinanza del 19 aprile 2022, n. 12413 la Suprema Corte tornando a pronunciarsi sul tema della c.d. “frode carosello” e compartecipazione del contribuente, chiarisce quali sono i criteri di ammissibilità del ricorso in cassazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5 del codice di rito. In particolare, il ricorso deve contenere con precisione l’indicazione del fatto che si assume omesso dalla valutazione del giudice di merito. In mancanza, l’accoglimento del ricorso richiederebbe una nuova valutazione dei fatti inammissibile in sede di legittimità.

Il caso

La vicenda giudiziaria prende le mosse dai processi verbali di constatazione (“PVC”) rilasciati dall’Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di Finanza con cui si contestava alle società facenti parte del Gruppo G. (“le Società”) la partecipazione ad una frode carosello nel settore della telefonia mobile. A fronte dei predetti PVC, l’Agenzia delle Entrate (“AdE”) notificava alle Società vari avvisi di accertamento con cui disconosceva la deduzione dei costi e la detrazione dell’Iva operate dalle società Contribuenti nelle relative dichiarazioni.

Dopo il primo grado di giudizio sfavorevole alle Società, limitatamente alla indetraibilità dell’Iva, le Contribuenti proponevano appello davanti la Commissione Tributaria Regionale di Bolzano (“CTR”); proponeva ricorso in via incidentale anche l’Agenzia delle Entrate. La CTR accoglieva l’impugnazione delle Società e respingeva quella dell’Ufficio, rilevando che questo non avesse dato prova della compartecipazione delle intimate alla frode carosello. Inoltre, la CTR rilevava che le Società dovevano considerarsi operanti in “bona fide” non potendo avvedersi, con i normali strumenti a loro disposizione, di partecipare ad un’operazione fraudolenta posta in essere da terze parti.

Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in cassazione affidato ad unico motivo: omesso esame di fatti decisivi su cui vi era stata discussione tra le parti ex art. 360, c. 1, n. 5 del codice di procedura civile.

La pronuncia

La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul mancato vaglio di fatti decisivi per il giudizio, ricostruisce e condivide in toto il percorso logico-argomentativo seguito dalla CTR di Bolzano. La Corte di Cassazione, quindi, respinge il ricorso promosso dall’Agenzia, per aver l’Ufficio impropriamente dedotto l’omessa considerazione dei fatti ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5 c.p.c. con lo scopo di ottenere dal giudice di legittimità una nuova valutazione di merito circa la compartecipazione delle Società alla frode carosello.

In particolare, la Suprema Corte evidenzia come la CTR, pur riconoscendo a monte l’esistenza di una frode carosello, abbia considerato privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza gli elementi probatori forniti dall’AdE a supporto della partecipazione delle Società alla frode medesima. I giudici hanno così escluso che le Contribuenti, pur operando nella catena di operazioni commerciali in cui si consumava la frode, avessero partecipato all’intesa fraudolenta posta in essere da terzi soggetti.

La compartecipazione alla frode carosello consta nella dimostrazione data dall’Ufficio che il Contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di prendere parte ad una frode. Ciò, va inteso nel senso che l’agente modello, l’imprenditore avveduto e coscienzioso trovandosi nelle medesime condizioni dell’agente concreto, avrebbe sospettato l’esistenza di una frode.

Ciò posto, nel caso di specie, la CTR ha ritenuto che le Società avessero operato in buona fede, cioè nella inconsapevolezza scusabile di partecipare ad un meccanismo fraudolento. A parere della CTR, anche usando l’ordinaria diligenza, sarebbe stato impossibile per le Società comprendere l’esistenza della frode in ragione dell’artificiosità del sistema posto in essere da terzi soggetti. Ciò poteva peraltro dedursi dal fatto che il sistema fraudolento era stato scoperto dall’Amministrazione finanziaria solo con l’ausilio di indagini complesse nazionali ed internazionali e con l’uso di strumenti di accertamento quali intercettazioni telefoniche, ispezioni e verifiche che naturalmente non possono competere ai normali imprenditori.

I giudici di merito inoltre, nell’escludere la responsabilità delle Società, correttamente valorizzavano un altro elemento e cioè che tali Società, a garanzia della realità dei rapporti commerciali intrapresi con i terzi, avevano rilasciano una fideiussione per ben 8 milioni di euro. Ciò, secondo i giudici di merito portava necessariamente a ritenere che le Contribuenti non potevano considerarsi a conoscenza dell’operazione illecita in quanto “in genere chi è coinvolto direttamente nella frode tende a limitare il suo coinvolgimento finanziario”. Infine, la CTR escludeva la compartecipazione delle società anche in ragione del fatto che in sede penale mai era stata contestato il coinvolgimento delle Società alla frode.

La Suprema Corte, operata la ricostruzione dell’impianto argomentativo seguito dalla CTR nella risoluzione della controversia, rileva come non può nel caso di specie ritenersi configurabile l’omissione di alcun fatto storico decisivo per il giudizio.

La Corte ha rilevato invece come l’AdE, non solo avrebbe errato nella omessa contestualizzazione dei fatti decisivi non analizzati dalla CTR, ma in tal modo avrebbe altresì tentato di spostare il tema di indagine al punto da spingere i giudici di legittimità a fornire una nuova valutazione di merito sul coinvolgimento delle Società nella frode carosello.

Ciò premesso, la Suprema Corte ha quindi rigettato il ricorso dichiarando inammissibile il vizio di omessa valutazione, con conseguente condanna dell’Ufficio alle spese.

Le conclusioni raggiunte dai giudici di legittimità nella sentenza de quo paiano ampiamente condivisibili. Da un lato, la Cassazione ha ribadito che in tema di frodi carosello spetta, in primis, all’Ufficio provare l’effettiva consapevolezza ovvero l’inescusabile ignoranza del Contribuente di partecipare ad un’intesa fraudolenta. Dall’altro ha fornito importanti precisazioni sulla corretta formulazione dei motivi di ricorso in Cassazione, specificando che in tema di omessa valutazione ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5 è necessario precisare e contestualizzare i fatti la cui valutazione da parte del giudice di merito si assume omessa al fine di evitare di incorrere, come nel caso di specie, in una pronuncia di inammissibilità del ricorso.

G.G.

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