Con la riqualificazione operata dal giudice tributario l’Amministrazione finanziaria non può variare la pretesa impositiva

25 Settembre 2025

Con la recente ordinanza n. 24881 depositata il 9 settembre 2025 la Suprema Corte affronta il caso della c.d. mutatio libelli operata dall’Amministrazione finanziaria per la prima volta nel giudizio di cassazione, a seguito di una riqualificazione dell’operazione da parte del giudice tributario. Al riguardo, ha ribadito il principio secondo cui per effetto della riqualificazione operata dal giudice di un’operazione economica, l’Amministrazione finanziaria non possa per la prima volta in Cassazione assoggettare ad IVA separatamente le prestazioni dell’operazione.

Il caso

La società I.V.M. veniva sottoposta a verifiche fiscali all’esito delle quali scaturivano due avvisi di accertamento ai fini delle imposte dirette ed IVA per gli anni 2010 e 2011.

La società proponeva ricorso avverso gli atti impositivi e la competente CTP lo accoglie parzialmente. Seguiva l’impugnazione da parte dell’Ufficio il cui atto di appello veniva parzialmente accolto dal Giudice di secondo grado.

Alla base della ripresa erariale veniva posta la contestazione dell’indeducibilità di costi ritenuti inesistenti e non di competenza ex art. 109 del TUIR. In secondo luogo, veniva contestata l’omessa contabilizzazione di ricavi per incongruità dei prezzi di vendita rispetto ai valori OMI. I ricavi scaturivano dalla c.d. operazione Botero che prevedeva sostanzialmente la permuta di aree destinate al recupero edilizio in cambio del 25% della cubatura realizzata.

I giudici di appello, nel confermare la valutazione resa in primo grado, ritenevano come l’operazione nel suo complesso dovesse qualificarsi come una permuta diversamente da quanto prospettato dalle parti. Sostenevano altresì l’infondatezza del rilievo relativo ai maggiori ricavi in quanto la ricostruzione erariale era fondata sui soli dati OMI, omettendosi la valutazione di elementi ulteriori.

Avverso la sentenza d’appello proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, rilevando che – per quanto rileva ai fini del presente commento – a seguito della riqualificazione dell’operazione esaminata come permuta, alle relative prestazioni dovesse applicarsi l’IVA. Tesi questa sostenuta per la prima volta nel giudizio di legittimità.

La decisione

La Corte di cassazione con l’ordinanza in commento ha cassato la sentenza impugnata disponendo il rinvio del procedimento ad altra sezione della CGT di secondo grado competente.

Sulla specifica questione relativa alla necessità di applicare l’IVA alle prestazioni connesse all’operazione di permuta, operazione riqualificata da parte del giudice tributario nel coro del giudizio, la Corte ha ritenuto infondato il relativo motivo.

Osserva la Corte che le ragioni poste a fondamento dell’atto impositivo non possono essere mutate nella successiva sede contenziosa provocata dall’impugnativa del con-tribuente, e ciò a tutela del diritto di difesa di quest’ultimo. Una tale modifica o l’estensione della motivazione violerebbe innanzitutto l’art. 7, comma 1, della legge n. 212/2000 con riferimento alla motivazione degli atti impositivi. Questo perché le ragioni poste a base di un atto impositivo non possono essere oggetto di modifica e/o di integrazione durante la fase contenziosa, in quanto la difesa del ricorrente si concentra su quanto illustrato nella motivazione. L’obbligo di idonea e completa motivazione dell’atto mira, infatti, proprio a garantire il pieno ed adeguato diritto di difesa.

Di conseguenza, se si accogliesse la suggestiva prospettazione dell’Agenzia, pur conseguente alla qualificazione giudiziale non più contestata dalle parti, è vero che i presupposti di fatto rimarrebbero intatti, ma non sarebbe semplicemente mutata la qualificazione dell’operazione economica, bensì muterebbe in parte lo stesso petitum e la relativa causa petendi.

La Corte ha concluso affermando il seguente principio di diritto: «In tema di IVA, la permuta non deve essere considerata come un’unica operazione ma più operazioni tra loro indipendenti, autonome ai fini della tassazione e alle quali va applicata la relativa disciplina, ma la natura di impugnazione-merito del giudizio tributario impedisce che, per effetto della riqualificazione operata dal giudice di un’operazione economica come permutativa, l’Amministrazione finanziaria possa per la prima volta in Cassazione assoggettare ad IVA separatamente le due prestazioni dell’operazione permutativa».

F.D.D

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