Responsabile il funzionario in caso di azione contraria a giurisprudenza consolidata

13 Marzo 2025

Con l’ordinanza n. 4702 depositata il 22 febbraio 2025 la Corte di cassazione ha ribadito i presupposti in base ai quali il funzionario dell’AdE può ritenersi responsabile per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Al riguardo – spiega la Corte – è necessaria la violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, elementi questi che si verificano in caso di abuso dell’azione processuale per pretestuosità dell’azione in quanto contraria al diritto vivente o alla giurisprudenza consolidata, ovvero per manifesta inconsistenza giuridica o per la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione.

Il caso

La società C.H. S.r.l. ha proposto ricorso avverso l’avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro liquidata in relazione ad un decreto di omologa fallimentare della società E. S.p.a.

Il giudizio di primo grado si è concluso con una sentenza di accoglimento del ricorso, decisione che è stata confermata in grado di appello. Con tale ultima decisione, la CTR adita ha condannato l’Ente impositore al risarcimento danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., per aver proposto un ricorso su argomentazioni palesemente inammissibili e per non avere la stessa ricorrente ponderato, con maggiore consapevolezza, l’infondatezza e la evidente pretestuosità delle argomentazioni dedotte a sostegno del ricorso.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, censurando la sentenza impugnata con due motivi. Per quanto rileva ai fini del presente commento, con il secondo motivo l’Agenzia ha denunciato la violazione dell’art. 96, comma 3 c.p.c., per avere la CTR condannato l’Ufficio al risarcimento per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3 c.p.c., senza “effettuare la (…) necessaria comparazione tra il caso di specie e il possibile abuso del processo”.

La decisione

Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’Avvocatura con conseguente condanna alla refusione delle spese di lite.

In merito alla condanna ex art. 96, comma 3 c.p.c., sostiene la Cassazione, la stessa deve giungere all’esito di un accertamento compiuto caso per caso, tenendo n considerazione anche la fase in cui si trova il giudizio e del comportamento complessivo della parte soccombente al fine di verificare se abbia esercitato le sue prerogative in modo abusivo, senza tener conto degli interessi in gioco. Ciò escludendosi che il giudizio sull’antigiuridicità della condotta processuale possa derivare dal solo rigetto della domanda ovvero dall’inammissibilità o infondatezza dell’impugnazione.

A tal proposito, richiamato il noto precedente rappresentato da Cass SSUU n. 9912/2018, la Cassazione ha ribadito come, ai fini della responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3 c.p.c. non sia necessaria la domanda di parte e/o la prova del danno ma si esige la violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, elementi questi che si verificano in caso di abuso dell’azione processuale per pretestuosità dell’azione in quanto contraria al diritto vivente o alla giurisprudenza consolidata, ovvero per manifesta inconsistenza giuridica o per la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione.

File non trovato

2025 - Morri Rossetti

cross