Società di comodo: illegittimo il diniego del rimborso IVA se fondato esclusivamente sul mancato superamento del c.d. test di operatività

6 Marzo 2025

Con la sentenza n. 4151 depositata lo scorso 18 febbraio, la Cassazione si è pronunciata sul tema del diritto di detrazione dell’IVA. Alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-341/22, la Suprema Corte ha rilevato l’incompatibilità con la Direttiva IVA dell’art. 30 L. 724/1994, nella parte in cui nega il diritto alla detrazione se l’importo delle operazioni rilevanti ai fini IVA risulta inferiore ad una specifica soglia “di operatività”. È stata pertanto affermata l’illegittimità del diniego al rimborso opposto dall’Ufficio, in quanto fondato in via esclusiva sul mancato superamento di detta soglia.

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Il caso.

La vicenda all’esame della Corte origina dalla notifica di un avviso di accertamento ad una società, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto la detrazione del credito IVA esposto in dichiarazione dalla contribuente in forza della qualificazione della stessa come società “di comodo”.

L’atto impositivo si fondava sul rilievo che il valore economico delle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate dalla società era risultato, per tre periodi di imposta consecutivi, inferiore alla soglia individuata dall’art. 30 della L. n. 724/1994. In ossequio a tale disposizione, quindi, l’Amministrazione finanziaria qualificava la società come “non operativa” e negava alla stessa la detrazione del credito esposto.

Dopo due gradi di giudizio non favorevoli, la contribuente proponeva ricorso per cassazione facendo valere l’incompatibilità con la disciplina europea del diniego alla detrazione IVA oppostole dall’Ufficio. Ciò in quanto nessuna disposizione della direttiva 2006/112/CE (c.d. Direttiva IVA) subordina il diritto alla detrazione al fatto che l’importo delle operazioni effettuate da un soggetto passivo, in un dato periodo di imposta, raggiunga una soglia predeterminata.

La Suprema Corte sospendeva il procedimento, rivolgendosi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea al fine di chiedere se l’art. 30 della L. n. 724/1994 – nella parte in cui nega il diritto alla detrazione dell’IVA qualora l’importo delle operazioni rilevanti sia inferiore alla soglia di presunzione della “non operatività” – fosse incompatibile con le regole e i principi europei vigenti in materia.

Con sentenza emessa il 7 marzo 2024, all’esito del caso C-341/22, la Sez. III della Corte di Giustizia UE si è pronunciata sulle proposte questioni affermando la contrarietà al diritto unionale della norma richiamata.  

La decisione della Suprema Corte.

Nel solco della citata pronuncia, la Corte di cassazione ha ribaltato la decisione dei precedenti gradi di giudizio, accogliendo il ricorso della contribuente per le ragioni che seguono.

La Suprema Corte rileva innanzitutto come i giudici unionali abbiamo provveduto a chiarire che l’art. 9 par. 1, al comma 1 della Direttiva IVA àncora la qualità di soggetto passivo all’esercizio di “un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”. Quanto alla nozione di “attività economica”, ai sensi del secondo comma della disposizione in parola, essa comprende ogni attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi, considerando tale anche “lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.

Ai sensi del diritto europeo, quindi, è indubbio che la detrazione spetti anche in assenza di operazioni attive nell’anno in cui viene operata, in quanto ciò che rileva è l’effettivo esercizio di un’attività economica (come sopra definita) mentre non sussistono limitazioni di sorta nei riguardi di società che, come la ricorrente, effettuino operazioni rilevanti ai fini dell’IVA di valore inferiore ad una specifica soglia.  

In secondo luogo, sempre sulla scorta delle argomentazioni offerte dal Consesso unionale, i giudici di legittimità riconoscono la portata generale del diritto alla detrazione e affermano di conseguenza che la sua preclusione non può che rivestire carattere di eccezione. Pertanto, il diritto in parola “può essere negato al soggetto passivo soltanto qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato fraudolentemente o abusivamente”. A parere dei giudici, quindi, grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare l’esistenza degli “elementi oggettivi” a supporto della contestata evasione e sui giudici nazionali il dovere di “verificare l’effettivo assolvimento” di tale onere.

In ossequio ai principi statuiti dalla giurisprudenza europea, la Cassazione ha dunque riconosciuto che la presunzione contenuta nell’art. 30 L. 724/1994 – benché preordinata a disincentivare le condotte evasive – si fonda su un criterio, quello della soglia di ricavi, del tutto “estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso” (come delineati ai punti da 33 a 36 della sentenza della Corte di Giustizia UE). Il meccanismo presuntivo ivi delineato, infatti, non si basa sulla valutazione “della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA” effettuate nel corso di un determinato periodo d’imposta, bensì soltanto sulla “valutazione del loro volume” di affari ed eccede pertanto “quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenire le evasioni e gli abusi”.

Sul presupposto della incompatibilità della norma nazionale con la disciplina europea, la Cassazione ha disapplicato l’art. 30, citato, affermando il principio per cui il diritto alla detrazione va riconosciuto qualora sia accertato che la società ritenuta “non operativa” abbia “effettivamente esercitato un’attività economica nel corso del periodo d’imposta controverso, indipendentemente dallo scopo o dai risultati”, con l’impiego di “beni e servizi acquistati per le sue operazioni soggette a imposta”, sempre che “tali operazioni non integrino una condotta abusiva”.  

Per le ragioni che precedono, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, con rinvio al giudice di secondo grado per i predetti accertamenti.

A.M.G.

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