La fattura non costituisce prova dell’effettiva compravendita

7 Febbraio 2023

Con l’Ordinanza n. 3149 depositata il 2 febbraio 2023 la Corte di cassazione ha chiarito la rilevanza probatoria di una fattura emessa a fronte di una finta vendita. Al riguardo, ha precisato come il solo documento contabile non possa essere posto a fondamento della ricostruzione dei rapporti giuridico-commerciali, traendone solo da essa la convinzione di una compravendita intercorsa tra i due soggetti. Non accompagnandosi alla fattura nessun ulteriore elemento, alla stessa non può attribuirsi valenza probatoria dell’effettività della cessione verso corrispettivo.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate ha notificato al sig. F. G. un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004 ai fini delle imposte dirette e IVA. L’Ufficio ha ricostruito maggiori redditi in capo al contribuente dopo aver rinvenuto presso la sede della società G. S.r.l. una fattura di vendita che sarebbe stata emessa dal contribuente ma non riportata tra i proventi della sua dichiarazione dei redditi. La fattura, in particolare, sarebbe stata emessa a fronte della cessione di una macchina agricola in favore della società, comportando pertanto la realizzazione di redditi diversi per l’emittente.

Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo ricevuto dall’Ufficio rilevandone l’infondatezza in quanto il macchinario agricolo – la cui cessione è stata indicata in fattura – è stata oggetto in realtà soltanto di una finta vendita allo scopo di costituire su di essa un pegno a garanzia del finanziamento concesso da un’altra società. La fattura sarebbe stata emessa pertanto a fronte di una vendita simulata, non perfezionatasi nella realtà, che comunque non ha generato alcun reddito per il soggetto emittente così come non ha comportato alcun vantaggio per il beneficiario.

Il ricorso introduttivo del giudizio è stato respinto dalla competente Commissione Tributaria Provinciale di Bari con una decisione che è stata confermata in sede di gravame.

Il contribuente ha quindi proposto ricorso per Cassazione affidato a plurime censure, a cui ha fatto seguito il controricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate quale parte resistente.

Per quanto di interesse in questa sede, il contribuente ha rilevato la nullità della sentenza per violazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c. per aver sostenuto la CTR che l’Ufficio aveva dimostrato l’occultamento del reddito attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, in realtà non sussistenti nella specie. Ciò anche con riferimento al fatto che l’accertamento si ricollega ad una situazione in cui il contribuente non ha effettivamente percepito nessun maggior reddito. A ciò si è aggiunta la censura relativa all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.

La decisione

La Suprema Corte con l’ordinanza in commento ha accolto il ricorso del contribuente con conseguente cassazione della decisione impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Puglia. La decisione si rivela di particolare interesse in quanto definisce l’efficacia probatoria della fattura relativamente ai rapporti economici intercorsi tra imprenditori.

La Cassazione ha rilevato come la CTR abbia valorizzato nella specie la fattura emessa dal contribuente da cui far discendere la ricostruzione della vicenda, con riconoscimento della cessione onerosa della trattrice agricola e quindi del maggior reddito accertato. In altri termini, il giudice regionale ha inequivocabilmente fondato il proprio convincimento unicamente sulla fattura al fine di confermare la fondatezza dell’accertamento basato su presunzioni gravi, precise e concordanti.

Tuttavia la fattura può, ai sensi dell’art. 2710 c.c., costituire prova dei rapporti intercorsi tra imprenditori ma in nessun caso assume la veste di atto scritto avente natura contrattuale. Sotto questo profilo la decisione impugnata è quindi errata, posto che la fattura esula dal perimetro d’efficacia probatoria tra imprenditori, quanto ai rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa. Peraltro, nel caso di specie alla fattura non si accompagna nessun altro elemento, neppure indiziario, perché ad essa possa attribuirsi valenza probatoria dell’effettiva cessione verso corrispettivo di un bene.

Da ultimo, la Cassazione ha sostenuto che la CTR non si sarebbe neppure avveduta di eventuali finalità diverse dalla cessione in vendita, circostanza questa che avrebbe configurato l’operazione come oggettivamente inesistente.

La Cassazione richiama quindi il principio applicabile al caso di specie, secondo cui: “Quanto ai ricavi, che interessano l’oggetto del contendere, a disciplinare la fattispecie è intervenuto l’art. 8, comma 2 del D.L. 16/2012 secondo cui <ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi>”. Ciò gravando sul contribuente l’onere di provare la natura fittizia dei componenti positivi di reddito che, ai sensi dell’art. 8, comma 2 cit. siano direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni e servizi non effettivamente scambiati o prestati.

Quanto all’IVA, infine, la Suprema Corte ha evidenziato come tale tributo sia comunque dovuto in ragione del fatto che il relativo obbligo di versamento sorge a seguito dell’emissione del documento contabile, senza che ciò contrasti con il principio di neutralità.

F.D.D.

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