Sono opponibili al curatore tutti gli atti del procedimento tributario anteriori al fallimento

7 Luglio 2022

Abstract

La notifica al curatore fallimentare dell’avviso di accertamento in assenza della contestuale allegazione del PVC rilasciato al solo imprenditore fallito ancora “in bonis”, non integra un vizio di motivazione dell’atto impositivo. La dichiarazione di fallimento determina il subentro del curatore nella posizione sostanziale e processuale del contribuente, con conseguente opponibilità alla curatela di tutti gli atti del procedimento tributario formatisi in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento. Lo afferma la Suprema Corte con l’ordinanza n. 18187 del 2022.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate (“AdE”), a seguito di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza (“GDF”) ai sensi dell’art. 39, c. 1, lett. d) Dpr n. 600/73[1], rettificava il reddito d’impresa dichiarato dal Contribuente per l’anno 1995, in ragione dell’esistenza di maggiori ricavi rispetto a quelli denunciati e dell’esposizione in dichiarazione di costi indeducibili. L’avviso di accertamento veniva notificato al curatore fallimentare intervenuto nelle more del procedimento tributario, il quale impugnava l’atto impositivo davanti la Commissione Tributaria Provinciale (“CTP”) di Messina. La CTP accoglieva il ricorso sul presupposto che l’atto impositivo dovesse considerarsi nullo a causa della mancata allegazione del processo verbale di constatazione (“PVC”) notificato al solo imprenditore fallito, ancora in bonis.

A fronte dell’appello proposto dall’Agenzia, la Commissione Tributaria Regionale (“CTR”), riformava la sentenza del giudice di primo grado, affermando che la mancata notifica del PVC al curatore fallimentare non pregiudicasse il suo diritto di difesa. Ciò in quanto il curatore era venuto a conoscenza degli atti notificati all’imprenditore fallito ed inoltre, in ragione del suo ufficio, il curatore ai sensi dell’art. 88 della L. Fallimentare[2] era nelle condizioni di accedere a tutti i documenti e alle scritture contabili forniti dal fallito, avendo l’obbligo di acquisire tutta la documentazione relativa agli interessi patrimoniali amministrati.

Il curatore proponeva impugnazione della sentenza della CTR davanti la Corte di cassazione, con ricorso affidato a plurimi motivi. Per quanto di interesse, secondo il ricorrente la CTR avrebbe errato nel ritenere che il solo richiamo nell’atto impositivo del PVC rilasciato al contribuente soddisfi l’obbligo di motivazione. Difatti, presumere che il curatore abbia conoscenza del contenuto del verbale rilasciato al fallito in ragione solo del suo ufficio, costituirebbe un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della motivazione. Inoltre, ha rilevato come la curatela sia di per sé portatrice di interessi diversi e autonomi da quelli personali del fallito e la mancata allegazione del PVC violerebbe il suo diritto di difesa.

Separatamente, il curatore eccepiva l’intervenuta maturazione di un giudicato esterno sulla questione di nullità dell’avviso, formatosi con riferimento ad altri atti impositivi intervenuti tra le medesime parti ed aventi ad oggetto il rapporto tributario.

La pronuncia

La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla nullità dell’atto impositivo per vizio di motivazione, respinge le eccezioni sollevate dal curatore.

Nel caso di specie, l’atto di accertamento notificato al curatore contenente il mero richiamo al PVC rilasciato al contribuente è correttamente motivato, non essendo necessaria alcuna allegazione del verbale.

La dichiarazione di fallimento, infatti, determina il subentro del curatore nella stessa posizione sostanziale e processuale facente capo all’imprenditore fallito, con la conseguenza che al curatore sono opponibili tutti gli atti del procedimento tributario formatisi in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento del contribuente.

Inoltre, secondo i Giudici di legittimità, la CTR ha correttamente osservato che la previsione di cui all’art. 88 della L. fallimentare rileva anche nell’ottica dell’obbligo di motivazione. Il curatore, in ragione del suo ufficio, ha diritto ad ottenere la consegna di tutta la documentazione amministrativa del fallito e pertanto è legittimo presumere che egli abbia avuto contezza delle ragioni che hanno condotto la GDF a rilasciare all’imprenditore il PVC citato nell’atto impositivo. Ne consegue che il diritto di difesa del curatore non può considerarsi leso dalla mancata allegazione del verbale.

La Cassazione, poi, coglie l’occasione per ribadire che l’annullamento dell’atto impositivo per un vizio di motivazione non estende i suoi effetti ad altre controversie nonostante sia intervenuto tra le stesse parti per il medesimo rapporto tributario. La Corte ricorda al riguardo che la statuizione sul vizio di motivazione non attiene al merito della pretesa e quindi non può crearsi quel potenziale conflitto di giudicati che legittima la formazione del giudicato esterno.

Ciò premesso, la Suprema Corte, affermata l’infondatezza dei motivi de qua e dichiarata l’inammissibilità delle ulteriori eccezioni, respinge il ricorso del curatore.

Al di là della questione relativa all’efficacia del giudicato esterno, la decisione della Suprema Corte suscita qualche perplessità in tema di diritti e garanzie del contribuente. Stabilire infatti che non sia necessaria la allegazione del PVC, seppur richiamato nella motivazione dell’atto di accertamento, sembra non tenere conto delle reali condizioni in cui può trovarsi un curatore, che non sempre è nelle condizioni di accedere celermente alla documentazione amministrativa del fallito. Del resto, tale pronuncia appare in conflitto con quanto affermato dalla stessa Suprema Corte in una precedente occasione[3], secondo cui la notifica dell’avviso di accertamento effettuata al contribuente in bonis non è idonea a far decorrere il termine per la sua impugnazione anche nei confronti del curatore del fallimento sopravvenuto in pendenza di detto termine. Ciò in quanto è necessario che il curatore sia messo direttamente in condizione, tramite notifica a lui indirizzata, di esercitare le azioni a tutela della massa di creditori.

Vale a dire che (soltanto) l’avviso di accertamento deve notificarsi direttamente al curatore fallimentare, affinché possa esercitare il diritto di difesa. Tuttavia, per comprendere il contenuto dell’atto e coglierne i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche lo stesso curatore – sempre al fine di esercitare il medesimo diritto di difesa dei creditori – dovrà autonomamente attivarsi e recuperare il PVC richiamato.

G.G.


[1] Art. 39, c. 1, lett. d) del Dpr n. 600/73 “…per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica (…) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti…”.

[2] Art. 88 L. Fallimentare: “…Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e  i  documenti  del fallito.  Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai  competenti  uffici, perché sia ((trascritto)) nei pubblici registri…”.

[3] Cass. Civ. sent. n. 18002 del 2016

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