L’accertamento integrativo può emettersi soltanto con elementi diversi o sopravvenuti

5 Luglio 2022

Abstract

Con l’Ordinanza 22 aprile 2022 n. 12854 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei requisiti necessari affinché l’Ufficio possa emettere un accertamento integrativo, dopo l’emissione di un accertamento parziale. Al riguardo, ha confermato il principio secondo cui l’atto integrativo può emettersi soltanto sulla base di elementi ulteriori o sopravvenuti rispetto a quelli posti a fondamento dell’accertamento parziale. In caso contrario verrebbe pregiudicato il diritto del contribuente ad una difesa unitaria e complessiva.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate ha accertato nei confronti di S.G. Costruzioni S.r.l. maggiori redditi per l’anno di imposta 2008 a seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza sui rapporti tra la società contribuente e la consorella Società Agricola Meridionale BLS. Dall’indagine era emerso che S.G. Costruzioni aveva registrato operazioni finanziarie sotto la voce “prestiti alla società BLS” al fine di non dichiarare i ricavi per lavori eseguiti, avvalendosi della posizione di impresa agricola di quest’ultima.

È seguito un ulteriore avviso di accertamento (un accertamento c.d. “integrativo”) emesso nei confronti di S.G. Costruzioni S.r.l. per la medesma annualità 2008, con cui l’Amministrazione finanziaria ha recuperato a tassazione (ulteriori) Euro 663.702,00, quali ricavi non contabilizzati per l’attività di lavori generali di costruzione. Il successivo atto è stato emesso sulla base del medesimo PVC e, più in generale, sulla base del medesimo quadro istruttorio da cui è scaturita l’emissione del primo atto impositivo.

La società ha impugnato il secondo avviso di accertamento rilevando, tra l’altro, la nullità dello stesso per errata applicazione della disciplina dell’accertamento integrativo, dovendosi fondare quest’ultimo su elementi nuovi ed ulteriori rispetto a quelli posti a fondamento del primo atto impositivo.

Il ricorso di SG Costruzioni S.r.l. è stato respinto dal giudice di primo grado, la cui decisione è stata invece totalmente riformata in appello. La CTR ha ritenuto infatti che sebbene il primo avviso di accertamento fosse stato emesso ai sensi degli artt. 39 e 41 del DPR n. 600/1973, senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice, l’avviso di accertamento integrativo, avendo ad oggetto la medesima annualità, avrebbe dovuto fondarsi su elementi nuovi sulla cui esistenza l’ente impositore non aveva motivato. Ad avviso della CTR inoltre, ha errato la CTP nella parte della decisione in cui ha omesso di considerare gli esiti del giudizio penale, idonei a contraddire il ragionamento presuntivo sotteso all’accertamento.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto impugnazione avverso la decisione di appello innanzi alla Corte di cassazione, con ricorso affidato a due motivi. Con il primo motivo, per quanto rileva ai fini del presente commento, l’Ufficio ha rilevato come la CTR abbia erroneamente ritenuto che l’accertamento integrativo dovesse fondarsi su elementi impositivi nuovi. Con il secondo motivo ha sostenuto la natura errata della decisione impugnata, posto che l’esito del giudizio penale non si estende automaticamente al giudizio tributario, stante la completa autonomia tra i due processi.

La decisione

Con l’Ordinanza in commento la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate con conseguente condanna alle spese del giudizio.

La Corte di Cassazione ha precisato la natura e l’efficacia dell’accertamento parziale di cui all’art. 41-bis del DPR n. 600/1973 che “non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del DPR 600/1973 e 54 e 55 del DPR n. 633/1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole”. Tale accertamento – spiega la Corte – differisce da quello ordinario in ragione della disponibilità di elementi idonei a dare contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie che non richiedono un ulteriore esercizio valutativo.

La disciplina di cui all’art. 41-bis cit. nella parte in cui fa salva l’ulteriore azione accertatrice “fa riferimento a pretese dell’Ufficio fondate su fonti diverse da quelle prese a base dell’accertamento parziale o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’Ente impositore, sia sopravvenuta all’accertamento”. Ciò in applicazione del principio di unicità che caratterizza gli avvisi di accertamento e al fine di non pregiudicare il diritto del contribuente ad una difesa unitaria e complessiva.

Quanto alla posizione della Cassazione relativamente al secondo motivo di ricorso concernente i rapporti tra processo penale e processo tributario, i Giudici di legittimità hanno affermato che il principio di autonomia dei due processi non esclude che la decisione penale possa essere presa in considerazione come fonte di prova da parte del giudice tributario, il quale è chiamato a verificarne la rilevanza[1], con la conseguenza che la CTR ha correttamente operato nel caso di specie.

L’ordinanza della Cassazione si rivela di particolare interesse in quanto chiarisce i requisiti necessari per l’emissione di un accertamento integrativo, una delle forme c.d. “speciali” accertamento. Non meno importante è il chiarimento circa la nozione e l’efficacia dell’accertamento parziale di cui all’art. 41-bis del DPR 600/1973, anche in ragione della rilevanza dell’accertamento parziale ai fini della nuova disciplina di cui all’art. 5-ter del D. Lgs 218/1997.

F.D.D.


[1] Cfr. Cass. 27/06/2019 n. 17258.

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