La motivazione per relationem dell’atto impositivo non sempre richiede l’allegazione dell’atto presupposto

24 Marzo 2022

Abstract

Con ordinanza n. 7278 del 7 marzo 2022, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento è soddisfatto ogni qualvolta l’Amministrazione finanziaria abbia posto il contribuente nella condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne efficacemente l’an e il quantum debeatur. 

Il caso

La controversia sottoposta alla Corte di cassazione trae origine dalla notifica ad una Società di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate (“AdE”) rettificava la dichiarazione dei redditi resa dalla contribuente per l’anno 2005, recuperando le maggiori imposte non versate ed irrogando le relative sanzioni.

Il suddetto avviso di accertamento prendeva le mosse da una verifica fiscale svolta dalla Guardia di Finanza nei confronti di un noto cantante. Secondo l’Ufficio quest’ultimo aveva fittiziamente interposto la Società nei rapporti economici dallo stesso intrattenuti con i committenti che avevano usufruito delle sue prestazioni professionali.

La Società impugnava l’avviso risultando vittoriosa in entrambi i giudizi di merito. In particolare, i giudici territoriali annullavano l’atto impugnato ritenendo che l’AdE non avesse soddisfatto l’obbligo di motivazione, essendosi limitata a fornire una mera descrizione delle risultanze dell’attività ispettiva relativa a diversi contribuenti, senza allegare all’avviso di accertamento i relativi verbali.

Secondo la Commissione Tributaria Regionale (“CTR”), infatti, ai fini del rispetto dell’obbligo di motivazione non è sufficiente “la mera descrizione nel processo verbale di contestazione redatto e consegnato alla contribuente…di tutte le informazioni relative alle operazioni poste in essere dall’artista… e per esso dalla [Società]”.

Avverso la decisione della CTR proponeva ricorso per Cassazione l’Amministrazione finanziaria, ricorso affidato a plurimi motivi tra cui – per quanto d’interesse nel presente commento – la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della L. 241/90, 7 della L. 212/2000 e 42 del Dpr n. 600/73 in tema di obbligo di motivazione.

In particolare, l’AdE rilevava che con la sentenza impugnata la CTR avesse erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento fosse stato motivato per relationem alle risultanze di altre verifiche nei confronti di diversi contribuenti, senza allegare tali atti così come senza riprodurre nell’atto il contenuto essenziale degli stessi.

La pronuncia

La Suprema Corte, investita della questione, ha ritenuto fondato il ricorso proposto dall’Ufficio.

Il giudice di secondo grado, chiamato a vagliare il rispetto dell’obbligo motivazione dell’atto impositivo, avrebbe compiuto errata applicazione dei principi di diritto formatisi sul punto.

Secondo giurisprudenza consolidata, infatti, l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo motivazionale ogni qual volta l’Agenzia delle Entrate abbia posto il Contribuente nella condizione di conoscere la pretesa tributaria e di poterne contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur.

È consentito, peraltro, che l’avviso di accertamento sia motivato anche per relationem,ossia per rinvio ad elementi di fatto risultanti da altri atti e documenti i quali devono essere allegati ovvero riprodotti nei loro principali elementi descrittivi.

Tuttavia, l’onere di allegazione ha una finalità solamente integrativa delle ragioni che giustificano l’adozione dell’atto impositivo ed è quindi limitato solo a quegli atti che assolvano ad una funzione di esplicitazione della pretesa tributaria.

Ne consegue che, ai fini della legittimità dell’avviso di accertamento, l’onere di allegazione si estende solamente ai documenti cui lo stesso fa riferimento e non anche a quelli cui fa riferimento l’atto presupposto (nella specie, il P.V.C.). Tutt’al più quest’ultimo dovrà eventualmente essere prodotto in giudizio al fine di provare la legittimità della pretesa tributaria.

Nel caso di specie, invece, i giudici di merito avevano fornito una diversa ed “errata” ricostruzione dell’obbligo motivazionale incombente sull’Ade.

In particolare, la CTR nel vagliare il rispetto di tale obbligo, da un lato, non aveva verificato se l’atto impositivo impugnato avesse consentito effettivamente alla contribuente di avere piena contezza della pretesa tributaria.

Dall’altro, aveva sostenuto che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo motivazionale, l’Ufficio avrebbe dovuto necessariamente allegare all’atto impositivo anche i verbali emessi all’esito dell’indagine da cui aveva preso le mosse l’attività ispettiva svolta nei confronti del cantante verificato. E ciò indipendentemente dalla circostanza che il contenuto di tali atti fosse stato riportato nell’avviso nei suoi tratti essenziali.

I giudici di merito, quindi, si erano posti in un’ottica certamente di favore per la Società richiedendo all’Ade l’adempimento di uno stringente onere motivazionale. L’avviso di accertamento per essere legittimo avrebbe dovuto contenere una completa descrizione dell’excursus che ha condotto alla sua emanazione e nonché l’allegazione di tutti gli atti ad esso presupposti, non essendo sufficiente la sola riproduzione degli elementi essenziali.

Tuttavia, la Suprema Corte ha confermato l’orientamento giurisprudenziale consolidato che individua nella motivazione dell’avviso di accertamento un requisito formale di validità dell’atto impositivo, distinto da quello dell’effettiva sussistenza dei fatti che costituiscono la pretesa erariale, i quali hanno rilevanza solo processuale.

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza con rinvio alla CTR in diversa composizione affinché valutasse il rispetto dell’obbligo motivazionale alla luce dei suddetti principi.

La pronuncia in commento è certamente di sicuro rilievo perché ribadisce i limiti di operatività dell’obbligo di motivazione incombente sull’Amministrazione finanziaria.

Ai fini della valutazione avente ad oggetto il rispetto dell’obbligo motivazionale, il giudice deve limitarsi a verificare se l’avviso di accertamento abbia permesso al contribuente di conoscere effettivamente la pretesa erariale contestata ed eventualmente di potersi difendere in giudizio.

Con la conseguenza che, laddove dall’avviso di accertamento sia in concreto possibile ricostruire efficacemente gli estremi dell’an e del quantum della pretesa tributaria, l’obbligo motivazionale a carico dell’Ade potrà dirsi certamente soddisfatto.

G.G.

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