La recente ordinanza n. 19574 depositata lo scorso 15 luglio consente alla Suprema Corte di confermare l’orientamento di legittimità successivo alla nota sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2023. Al riguardo, ha ribadito il principio secondo cui il mancato riconoscimento dei costi in caso di accertamento analitico induttivo comporterebbe degli esiti irragionevoli perché si finirebbe per prevedere un trattamento più severo quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile, rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi è destinatario di un accertamento induttivo puro che ha omesso alcuna contabilità o ha posto in essere gravi condotte. Il caso La società R. S. Sas è stata destinataria di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha ripreso a tassazione un maggior reddito ai fini delle Imposte dirette e IVA. Per l’effetto, sono stati notificati ulteriori avvisi di accertamento ai soci della società. Gli atti impositivi sono scaturiti da una verifica fiscale relativa all’anno di imposta 2014 cui l’Ufficio ha proceduto alla ricostruzione analitica induttiva del reddito della società sulla base delle risultanze di documentazione extracontabile – una vera e propria contabilità in nero – rinvenuta presso la sede della società. La società ed i soci hanno impugnato gli atti impositivi sollevando plurime censure. Il relativo ricorso è stato respinto dai competenti Giudici di primo grado con una decisione che è stata confermata in sede di gravame. I Giudici di appello, in particolare, hanno valorizzato la documentazione in nero rinvenuta, ritenendo che gli atti impositivi fossero adeguatamente motivati per effetto del richiamato PVC. Sostenevano infine la legittimità dell’accertamento condotto con il metodo analitico-induttivo, strumento che onerava i contribuenti della prova delle componenti negative di reddito che essi ritenevano di considerare in sede di rettifica. Ha proposto impugnazione innanzi alla Corte di cassazione la società, formulando cinque motivi di ricorso. Per quanto rileva in questa sede, con il quinto motivo la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 53 Cost., dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973 e degli artt. 83 e 109 del TUIR sostenendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che soltanto in ipotesi di accertamento induttivo puro l’Ufficio avrebbe potuto riconoscere il sostenimento di costi da parte della società, parimenti determinati in via induttiva. Ciò in quanto, anche a voler condividere l’ipotesi accertativa affermata, doveva essere consentita un’analoga forma di deduzione dei costi. La decisione Con la decisione in commento la Cassazione ha accolto il ricorso in relazione al quinto motivo proposto, cassando la sentenza impugnata e disponendo il rinvio del procedimento ad altra Sezione della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania. Dopo aver ritenuto infondati i precedenti motivi di ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto invece fondato il quinto motivo con il quale i contribuenti si dolgono del mancato riconoscimento di maggiori costi sul reddito rideterminato. Al riguardo, osserva il Collegio come la più recente giurisprudenza della Cassazione, formatasi alla luce della sentenza n. 10 del 2023 della Corte costituzionale, consente al contribuente l’opposizione di costi forfettari in forma di presunzione contraria. Si è sostenuto infatti che nell’ambito dell’accertamento analitico-induttivo, che presuppone l’attendibilità complessiva della contabilità, consentendo la rettifica di singole componenti reddituali, si riteneva che operasse la regola di cui all’art. 109 del TUIR in forza della quale i costi – se non presenti nella contabilità – possono dedursi soltanto se risultano da elementi certi e precisi, dei quali l’onere della prova è a carico del contribuente. Da tale sistema deriverebbero tuttavia degli esiti irragionevoli perché si finirebbe per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile, rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi è destinatario di un accertamento induttivo puro che ha omesso alcuna contabilità o ha posto in essere gravi condotte. F.D.D.