Per la Corte costituzionale non è dovuta l’IMU relativa agli immobili occupati abusivamente

22 Aprile 2024

Con la recente Sentenza n. 60/2024 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1 del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23, nel testo applicabile ratione temporis, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614 o 633 c.p. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

Per la Corte, ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rilevatori di ricchezza.

Il caso

Con due ordinanze n. 84 e n. 85 del 2023 la Corte di cassazione ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1 del D. Lgs 23/2011 (Disposizioni in materia di Federalismo Municipale) nella parte in cui non prevede l’esenzione dal pagamento dell’IMU nell’ipotesi di occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato, pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti.

Il caso si riferisce ad una casa di cura che ha versato l’IMU con conseguente istanza di rimborso per gli anni 2013 e 2014, relativamente ad un immobile di proprietà oggetto di occupazione abusiva dal mese di dicembre 2012. La società si era attivata per prevenire l’occupazione dell’immobile ma, impossibilitata ad evitarla, l’aveva tempestivamente denunciata alle autorità competenti. Tuttavia, benché fosse stato disposto un sequestro preventivo dell’immobile da parte del G.i.p., lo stesso non aveva avuto esecuzione per motivi di ordine pubblico.

A seguito della mancata esecuzione del provvedimento di sequestro, la casa di cura ha proposto in data 21 ottobre 2013 ricorso innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo ai sensi dell’art. 34 CEDU, che con sentenza del 13 dicembre 2018 ha accolto l’istanza della casa di cura e condannato lo Stato italiano al risarcimento del danno.

Ai fini dell’imposizione, in ogni caso, risulta rilevante non il possesso bensì l’esistenza di un titolo.

Sostiene il Giudice rimettente che la questione è rilevante giacché l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione censurata inciderebbe sul diritto vivente (favorevole all’ente impositore) in ordine al pagamento dell’imposta locale.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita della compatibilità della disposizione con gli artt. 53 e 3 Cost.

Sussiste in particolare un contrasto con il principio di capacità contributiva, di cui all’art. 53 Cost. e con il principio di eguaglianza tributaria previsto dall’art 3 Cost., in base ai quali a situazioni uguali dovrebbero corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse dovrebbe corrispondere un trattamento tributario diseguale.

Inoltre, la casa di cura, proprietaria dell’immobile, a seguito dell’occupazione abusiva è stata privata della possibilità di esercitare qualsivoglia diritto sulla cosa, stante l’assenza di una situazione possessoria e quindi di una capacità contributiva. Ciò in quanto assume particolare rilievo la perdita di possesso, atteso che gli organi istituzionali non sono stati in grado di difendere il diritto di proprietà della ricorrente che di riflesso rimarrebbe senza possibilità di tutele.

Il principio di uguaglianza risulta altresì leso anche in ragione della circostanza che al proprietario di un immobile inagibile o inabitabile sia riconosciuta una riduzione della base imponibile mentre al proprietario di un immobile occupato abusivamente per causa non dipendente dalla sua volontà viene applicata una tassazione integrale.

Altri profili di illegittimità riguardano la violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1 Prot. Addiz. CEDU i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata.

La decisione

Secondo la Costituzionale, la questione non sarebbe manifestamente infondata con riguardo agli artt. 53 3 3 Cost. posto che l’immobile occupato abusivamente non costituirebbe un valido indice di capacità contributiva e si determinerebbe un trattamento uguale di situazioni diseguali.

È quindi irragionevole affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibile, pur essendosi prontamente attivato per denunciare penalmente l’accaduto. Ciò in quanto la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.

Al riguardo, la Corte ha richiamato alcune sue pronunce, secondo cui “ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza”[1]. Trattasi questa di una decisione coerente con il nostro ordinamento giuridico che riconosce il venir meno dell’obbligo di pagamento dell’imposta in caso di perdita della disponibilità del bene per fatto del terzo.

La Corte ha concluso dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1 del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23, nel testo applicabile ratione temporis, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614 o 633 c.p. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

F.D.D.


[1] Ex pluribus Corte cost. n. 156/2001, n. 111/1997.

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