Clausola penale nel contratto: no alla maggiore imposta di registro

29 Novembre 2023

Con la recente pronuncia n. 30983 depositata il 7 novembre 2023, la Corte di cassazione ha definito in favore del contribuente la questione relativa all’applicazione di una separata imposta di registro alla clausola penale inserita in un contratto di locazione. Al riguardo, ha ribadito il seguente principio di diritto: “ai fini di cui all’art. 21 DPR n. 131/1986, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma citata”.

Il caso

Le società Gocil Srl e Lost & Found Srl hanno sottoscritto un contratto di locazione contenente una clausola penale, regolarmente registrato. Al riguardo, l’Ufficio ha ritenuto doversi applicare una maggiore imposta di registro per la clausola penale ai sensi dell’art. 21, comma 1 del DPR n. 131/1986 procedendo così al recupero della maggiore imposta, oltre interessi e sanzioni.

Gocil Srl ha impugnato l’atto impositivo ed i gradi di merito si sono conclusi con la pronuncia della CTR della Lombardia n. 3216/2020 che ha annullato l’avviso di accertamento ritenendo che alla clausola penale non fosse applicabile l’art. 21 del TUR essendo detta clausola, per la sua intrinseca natura, correlata al contenuto essenziale del contratto di locazione e pertanto non autonomamente tassabile. In particolare, il Giudice d’appello ha sostenuto l’assenza di diverse clausole negoziali afferenti a negozi collegati, ciascuno idoneo a rispondere a diverse esigenze economiche.

L’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. In particolare, ha sostenuto la violazione degli artt. 21 e 27 del DPR n. 131/1986 nonché degli artt. 1382 e 1591 c.c. per avere il giudice d’appello ritenuto non integrata nel caso di specie la previsione di cui all’art. 21, comma 1 del TUR. Al riguardo, la ricorrente ha dedotto la natura autonoma della clausola penale tenuto conto dell’autonomia strutturale e funzionale della stessa al verificarsi di un evento futuro ed esterno al contratto: l’inadempimento o l’inesatto adempimento contrattuale. A conforto della propria tesi ha citato l’orientamento favorevole della Suprema Corte, tra cui la recente sentenza n. 10046/2018.

La decisione

La Cassazione con la pronuncia in commento ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate con compensazione delle spese.

Secondo la Corte, la soluzione della vertenza esige la preliminare esegesi della definizione “disposizioni” di cui l’atto si compone nonché l’individuazione della rilevanza della causa giuridica del negozio quale elemento unificante le diverse clausole riportate nell’atto sottoposto a registrazione.

In proposito, l’art. 21, comma 1 del DPR n. 131/1986 prevede al primo comma che “Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto”. Il comma successivo prevede: “Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa”.

La Corte, dopo aver elencato le diverse interpretazioni del termine “disposizione”, passa ad esaminare la nozione di clausola penale precisando il suo valore giuridico all’interno del contratto.

In proposito, la Cassazione ha rilevato come la clausola penale abbia una funzione non tanto punitiva quanto di risarcimento forfettario del danno, intesa quindi a rinsaldare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti in caso di inadempimento. Ciò indipendentemente dalla prova del pregiudizio e della sua entità. Proprio perché la clausola penale ha lo scopo di sostenere il tempestivo adempimento delle obbligazioni principali, la stessa non può avere una causa propria e distinta ma ha una funzione servente e rafforzativa intrinseca di quella del contratto nel quale è contenuta.

Le clausole penali, del resto, non possono sopravvivere autonomamente rispetto al contratto con la conseguenza che alle stesse deve applicarsi la disciplina generale dell’oggetto del contratto[1], trovando fonte e radice nella medesima causa dell’accordo, rispetto al quale hanno una funzione ancillare. Le prestazioni indicate nella clausola penale sono perciò riconducibili ad un unico rapporto, caratterizzato dalla medesima causa.

In definitiva, la Cassazione – cambiando orientamento rispetto al precedente giurisprudenziale[2] – ha affermato il seguente principio di diritto: “ai fini di cui all’art. 21 DPR n. 131/1986, la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro, in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma citata”.

F.D.D.


[1] Cass. n. 21713/2020.

[2] Cass. n. 10046/2018 cit.

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