Vendita di beni usati: è attività commerciale solo con intento speculativo

28 Aprile 2023

Con la sentenza n. 10117 depositata il 17 aprile 2023 la Suprema Corte si è pronunciata sulla vendita di beni usati da parte di un contribuente, in particolare di arredi ceduti unitamente all’immobile di abitazione. Secondo la Cassazione non può condividersi la posizione dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui si tratterebbe di proventi imponibili derivanti dalla sua attività di medico, in quanto manca l’intento speculativo.

Il caso

Il contribuente, che svolge l’attività di medico, con rogito notarile avvenuto nel 2003 ha ceduto l’immobile adibito alla propria abitazione. Con lo stesso atto sono stati ceduti anche degli arredi antichi presenti nell’immobile, valorizzati separatamente nella misura di euro 58.000,00. Tale operazione è stata oggetto di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, all’esito del quale è stato emesso un avviso di accertamento con cui l’ente impositore, tra l’altro, ha ritenuto imponibile il corrispettivo di cessione degli stessi arredi quale provento derivante dal lavoro autonomo di medico. L’Ufficio ha ritenuto altresì di assoggettare a tassazione anche l’importo di complessivo di euro 22.207,00 oggetto di più bonifici in entrata provenienti dal conto dei genitori del contribuente.

Il contribuente ha impugnato l’avviso innanzi alla competente Commissione Tributaria, con ricorso che è stato respinto. In sede di gravame, l’Ufficio accoglieva in parte l’appello ritenendo non doversi assoggettare a tassazione gli importi provenienti dal conto dei genitori trattandosi di donazioni di non rilevante valore. Il Giudice d’appello riteneva invece doversi assoggettare a tassazione la somma di euro 58.000 derivante dalla cessione degli arredi, riqualificandola come plusvalenza tassabile ai sensi dell’art. 67 del TUIR.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a plurimi motivi. Per quanto rileva ai fini del presente commento, il contribuente ha censurato la sentenza della CTR per violazione di legge, avendo errato il Giudice adito nel modificare la motivazione dell’avviso di accertamento, mutando il titolo dell’originaria pretesa fiscale da reddito di lavoro autonomo a plusvalenza tassabile ai sensi dell’art. 67 del TUIR.

Con separato motivo ha denunciato la violazione dell’art. 67 del TUIR non potendosi considerare l’importo ripreso a tassazione una plusvalenza derivante da attività commerciale non esercitata abitualmente, posto che il contribuente ha ceduto beni usati nell’ambito della vendita della sua precedente abitazione, senza che peraltro sia stato accertato il costo di acquisto degli stessi beni.

La decisione

Con la sentenza in commento la Corte di cassazione ha ritenuto fondato il secondo motivo del ricorso e, decidendo del merito, ha accolto il ricorso del contribuente con conseguente annullamento dell’avviso di accertamento.

In particolare, la Suprema Corte ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendolo infondato. Al riguardo, ha precisato cha la CTR non ha modificato in realtà la motivazione dell’accertamento, rientrando nei poteri del giudice tributario la riqualificazione giuridica di un reddito. Il processo tributario – spiega la Corte – è annoverabile tra quelli di impugnazione-merito, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, che dell’accertamento dell’ufficio. Il giudice pertanto, entro i limiti delle domande poste dalle parti, può esaminare nel merito la pretesa tributario e, se necessario, operare una motivata valutazione sostitutiva. Ciò sempre che l’atto non presenti vizi di forma che ne determinano la nullità.

La Cassazione, infine, ha ritenuto fondato il secondo motivo del ricorso con cui il contribuente ha ritenuto non doversi assoggettare a tassazione il corrispettivo di cessione degli arredi usati. Sullo specifico punto la Cassazione ha precisato che la vendita di mobili, facenti parte dell’arredo dell’abitazione, non rientra in nessuna delle attività commerciali di cui all’art. 2195 c.c., non potendosi considerare attività di intermediazione nella circolazione dei beni, la vendita di oggetti appartenenti al patrimonio personale del venditore. L’Agenzia delle Entrate, infatti, non ha fornito la prova che si trattasse di mobili acquistati al fine di essere rivenduti, mancando perciò l’intento speculativo che caratterizza un’attività commerciale di vendita. Di conseguenza, il corrispettivo di cessione degli arredi non può considerarsi ricavo da assoggettare a tassazione. E ciò, possiamo aggiungere, è tanto più evidente se considera anche la mancanza di ogni riferimento al costo di acquisto dello stesso bene.

FDD

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