La Consulta rimette l’istituto del contraddittorio preventivo al Legislatore

31 Marzo 2023

Con la sentenza n. 47 depositata il 21 marzo 2023 la Corte Costituzionale, nel ritenere infondata la questione di legittimata costituzionale sollevata dalla CTR della Toscana con riferimento all’art.12, co.7 della L. 212/2000, ha rimesso al legislatore il compito di introdurre una forma di contraddittorio endoprocedimentale generalizzato, colmando conseguentemente una lacuna ormai in evidente controtendenza rispetto all’evoluzione del sistema tributario.

Il caso 

La pronuncia origina da un’ordinanza di rimessione della CTR per la Toscana, la quale ha posto in dubbio, in riferimento all’art. 3 Cost., la legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente[1]), nella parte in cui “non estende il diritto al contraddittorio preventivo a tutte le modalità di accertamento in rettifica poste in essere dall’Agenzia delle Entrate, con particolare riguardo alle ipotesi di indagini cosiddette a tavolino”.

La questione, ha spiegato la Corte rimettente, è sorta nel corso di un giudizio riguardante un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate in seguito ad una mera richiesta di documentazione contabile, senza che fosse decorso il termine a difesa di 60 giorni utile alla società contribuente per presentare osservazioni e richieste, come previsto dall’art. 12, c.7, della predetta Legge.

La CTP di Firenze aveva respinto il ricorso promosso dalla contribuente sul presupposto che pur in assenza di un obbligo normativamente generalizzato di contraddittorio preventivo, l’Ufficio avesse ad ogni modo assolto tale adempimento concretizzatosi nella richiesta documentale.

Di parere opposto la Corte di secondo grado che, nell’attribuire rilevanza alla questione posta a fondamento del gravame, ha denunciato la disarmonia che verrebbe ad affliggere il vigente sistema tributario.

Ad avviso del Giudice rimettente, il predetto impianto risulterebbe affetto da un evidente vizio di disparità di trattamento in danno di quei contribuenti che abbiano subito accertamenti fiscali preceduti da una semplice verifica condotta presso gli uffici dell’Amministrazione (c.d. verifiche a tavolino) anziché nei locali destinati all’esercizio dell’attività (c.d. verifiche in loco). Il luogo di svolgimento dell’indagine fiscale, per espressa previsione normativa, sarebbe per ciò solo sufficiente a legittimare per detti contribuenti la privazione di una fondamentale garanzia, qual è quella del contraddittorio endoprocedimentale. Ciò trascurando il ruolo fondamentale che la stessa viene a rivestire in ambito tributario, apprezzabile  sotto un duplice aspetto: garantire per un verso, il diritto di difesa del contribuente, potendo far emergere elementi idonei a contestare i presupposti dell’accertamento fiscale, per l’altro, il diritto ad una buona amministrazione, potendo deflazionare il contenzioso fiscale, in ogni ipotesi di controllo effettuato dall’amministrazione finanziaria, indipendentemente dalle relative modalità.

Di qui la lesione dell’art. 3 Cost., evocato dalla CTR per la Toscana sotto il profilo della violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza.

La decisione

La Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibile la questione sollevata dal rimettente, ha comunque colto l’occasione per ammonire il legislatore in ordine all’esigenza impellente di individuare una soluzione normativa atta al superamento della disarmonia che affligge il vigente sistema tributario in riferimento alla formazione partecipata dell’atto impositivo.  

In maggior dettaglio, la Consulta, nel ricostruire in premessa il quadro normativo di riferimento, ha osservato come pur nell’assenza di una previsione generale in ordine all’obbligo di una preventiva interlocuzione con il contribuente, si è assistito a progressive e ripetute aperture del legislatore, che hanno reso obbligatorio, in sempre più numerose occasioni, il contraddittorio endoprocedimentale, declinato con modalità ed effetti differenti in funzione della dinamica dell’istruttoria amministrativa e delle esigenze ad essa sottese.

Nel quadro di una siffatta frammentazione normativa, a parere della Corte, non sarebbe pertanto possibile rinvenire una soluzione specifica, quale in particolare quella offerta dal rimettente di estendere la previsione della normativa censurata a qualsivoglia tipologia di controllo, senza tener debitamente conto della variegata tipologia di procedimenti impositivi. Ciò in quanto si finirebbe col trasformare da speciale in generale il procedimento partecipativo previsto per gli accertamenti che implicano l’accesso ai locali del contribuente.

Di fronte alla molteplicità di strutture e forme che il contraddittorio preventivo ha assunto e può assumere in ambito tributario, la Corte Costituzionale ha pertanto rimesso in capo al legislatore il compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo, nel rispetto dei principi costituzionali, tra le molteplici e diversificate soluzioni quella che più di altre garantisca il corretto bilanciamento degli interessi in gioco.

Lungo la cornice del quadro delineatosi viene da ultimo a inserirsi il disegno di legge delega per la riforma fiscale, mediante la messa in campo di soluzioni che, orientante verso un sostanziale potenziamento del principio del contraddittorio preventivo, parrebbero ad un primo sguardo convergere nella direzione indicata dalla Consulta. Il riferimento va all’articolo 15 contenuto nella bozza di delega fiscale che depone nel senso di introdurre, a pena di nullità, una disposizione che riconosca in via generalizzata (rectius indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo) l’istituto del contraddittorio preventivo, prescrivendo in tal senso l’estensione del livello di maggior tutela previsto dall’art. 12 comma 7 della citata L. 212/2000.

G.S.


[1] L’articolo 12, comma 7 dispone che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

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