Operazioni oggettivamente inesistenti: legittimo l’avviso di accertamento scaturente dalle dichiarazioni di terzo raccolte dai verificatori se, complessivamente valutate, possono assurgere a prova presuntiva

5 Maggio 2022

Abstract

Con l’Ordinanza emessa il 5 aprile 2022, n. 10885, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione assunta dai giudici di merito in ordine alla legittimità di un accertamento per operazioni oggettivamente inesistenti basato pressoché unicamente su dichiarazioni rese da terzi ai verificatori. Ciò in quanto tali elementi indiziari sono stati ritenuti, all’esito di una valutazione complessiva, idonei a generare una prova presuntiva. Sono state al contempo disattese le prove documentali offerte dalla società contribuente.

Il caso

La vicenda sottoposta alla Suprema Corte trae origine dalla notifica di plurimi avvisi di accertamento a carico di una società con i quali, per gli anni di imposta 2006 – 2008, si contestava l’indebita deduzione di costi ai fini IRES e IRAP e l’indebita detrazione dell’IVA assolta su fatture per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. Le operazioni avevano ad oggetto, nello specifico, l’acquisto di macchinari tessili, che l’Amministrazione riteneva essere stati fittiziamente comprati per accedere ai finanziamenti previsti dalla legge n. 488/1992 (c.d. “incentivi aree depresse”).

La verifica fiscale si basava pressoché esclusivamente su dichiarazioni rese da terzi ai militari della Guardia di Finanza. In particolare, il legale rappresentante della società che aveva ceduto i macchinari aveva dichiarato di aver stretto un accordo con alcuni soci della società verificata, in forza del quale egli, a fronte dell’apertura (e successiva estinzione) di diverse partite IVA, percepiva uno “stipendio” per lo svolgimento di variegate attività commerciali di natura fittizia, tra le quali rientravano gli acquisti contestati. Deponevano nel senso dell’inesistenza delle operazioni in questione anche il disconoscimento della firma su due dei quarantatré documenti di trasporto delle macchine tessili, da parte della ditta di autotrasporti incaricata, e la considerazione per cui i beni in questione erano stati acquistati dalla società cedente ad un prezzo circa dieci volte più basso rispetto a quello applicato nella vendita a favore della società verificata.

La società contribuente impugnava gli atti impositivi ma i due giudizi di merito dinanzi alle competenti commissioni tributarie provinciale e regionale si concludevano con il rigetto delle relative difese e con la conseguente conferma dell’operato dell’Amministrazione. La società ricorreva quindi per cassazione contro la sentenza emessa dalla CTR della Puglia.

La pronuncia

La società affidava il proprio ricorso a plurimi motivi. In particolare denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 109 del TUIR e degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. per avere la CTR:

i) da una parte, ritenuto legittima la pretesa impositiva fondata pressoché esclusivamente sulle dichiarazioni del legale rappresentante della società cedente. Rilevava la contribuente che per quanto tali dichiarazioni potessero avere valenza indiziaria, non potevano acquisire al contrario valenza di presunzioni semplici, in quanto non supportate da altri elementi gravi, precisi e concordanti;

ii) dall’altra parte, ritenuto legittima la pretesa impositiva ancorchè l’Agenzia non avesse assolto all’onere probatorio previsto a suo carico nell’ambito della contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti. A parere della contribuente, infatti, l’Ufficio non aveva fornito elementi utili ad inficiare la portata delle risultanze documentali da essa allegate.

Infatti, la società a sua discolpa aveva dedotto plurimi elementi da cui far discendere l’effettività dell’acquisto dei macchinari contestati. Tra i più rilevanti si segnalavano: i) l’emissione e l’incasso delle fatture contestate da parte della ditta cedente; ii) l’assoluzione nel correlato procedimento penale instaurato a carico del legale rapp.te della contribuente posta l’assenza di riscontri per le dichiarazioni dell’accusante; iii) la denuncia avanzata da questo per lo smarrimento della documentazione contabile ed amministrativa della società cedente; iv) una perizia giurata attestante l’esistenza, presso i locali della società contribuente, delle macchine tessili in argomento.

La Corte ritiene di dover definire la controversia sulla base dei principi di diritto emergenti da un’ampia serie di precedenti. In primo luogo rammenta che, in ipotesi di contestazioni di operazioni oggettivamente inesistenti, “spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili[1]. In merito alla valenza delle dichiarazioni di terzi, in tale sede utilizzate come prova indiziaria dell’inesistenza delle operazioni da parte dell’Ufficio, “tali dichiarazioni hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c., danno luogo a presunzioni[2]. Non osta a tale efficacia probatoria l’art. 7, c. 4, del d.lgs. 546/1992 che, com’è noto, preclude la prova testimoniale nel processo tributario né l’art. 2729, c. 2, c.c., secondo il quale le presunzioni non possono ammettersi nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni, “poiché questa norma, attesa la natura della materia ed il sistema dei mezzi di indagine a disposizione degli uffici e dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario[3].

Alla luce di tale excursus giurisprudenziale, la Corte conclude che i giudici di secondo grado si sono attenuti ai principi di diritto richiamati, avendo attribuito “valenza di elemento preciso, grave e concordante” alle dichiarazioni del legale rappresentante della società cedente, così come supportate dalle dichiarazioni della ditta autotrasporti e dall’emersa sproporzione tra il prezzo di acquisto dei macchinari da parte della società cedente ed il prezzo di rivendita applicato alla contribuente.

Circa la contestazione per cui gli elementi di senso contrario apportati dalla contribuente non siano stati ritenuti sufficienti a scalfire le risultanze dell’attività di verifica, la Corte ritiene che “la contribuente non avesse assolto l’onere probatorio contrario a proprio carico; ogni altra argomentazione sottesa ai motivi tende ad una inammissibile rivisitazione di una valutazione di merito effettuata dal giudice di appello”, in quanto tale non censurabile in sede di legittimità. Sulla scorta di tali conclusioni, la Cassazione conferma la decisione di secondo grado, disattendendo ogni ragione della contribuente.

In conclusione, può osservarsi come l’ordinanza in commento sia da apprezzare dal momento in cui, inserendosi in un filone giurisprudenziale consolidato (cfr. da ultimo Cass. 1522/2022), riconosce la piena valenza indiziaria alle dichiarazioni di terzi, sia quando raccolte dai verificatori, sia quando esposte dal contribuente attraverso il noto istituto della dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui al d.P.R. 445/2000[4]. Come opportunamente sottolineato dai giudici di legittimità nell’ordinanza, tali elementi indiziari possono poi determinare l’insorgenza di una prova presuntiva, al ricorrere dei criteri di gravità, precisione e concordanza.

A.P.


[1] Cfr. ex plurimis, Cass. 26790/2020 e 19352/2018.

[2] In tal senso Cass. 9402/2007.

[3] Si veda Cass. 960/2015.

[4] Sotto questo profilo, è meritevole di osservazione il seguente estratto dell’ordinanza “si è rilevato che nel pieno rispetto della ‘parità di armi’ tra fisco e contribuente, il diritto vivente ammette l’introduzione indiziaria nel processo tributario di dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale, sebbene esse non siano assunte o verbalizzate in contraddittorio”.

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